Il sintomo prevalente in queste due affezioni è l’arrossamento della cute del viso, è intuitiva l’analogia con l’arrossamento delle gote in una situazione di imbarazzo. Infatti si tratta di persone che tendono a provare frequentemente un sentimento molto sgradevole: la vergogna.
Quest’emozione rappresenta la paura di non sentirsi connessi con gli altri, può essere conscia oppure inconscia: come esseri umani abbiamo bisogni di essere accolti, e la vergogna è la paura di dire o fare qualcosa non meritevole dell’amore degli altri, qualcosa che ci renderà indegni.
Ha a che fare con l’essere: ha intrinsecamente a che fare con la paura di essere esclusi, ed è più frequente in persone che non si accettano intimamente per chi sono, nella loro autenticità.
La couperose si può definire come una forma molto lieve di rosacea, in entrambi i casi alla base c’è un indebolimento della parete dei capillari sanguigni a livello del volto, e di conseguenza a livello analogico è correlato a una diversa intensità nel provare vergogna.
I capillari rappresentano il punto di scambio nei tessuti tra ossigeno e anidride carbonica, così come il viso è la parte del corpo con cui maggiormente ci mostriamo agli altri e interagiamo con loro. Questo sintomo ha quindi strettamente a che fare con il rapporto con gli altri: il corpo ci incita a non aver paura di interagire con gli altri autenticamente e di mostrarci imperfetti (per coprire la rosacea infatti è necessario truccarsi), concedendoci di essere chi siamo realmente.
Questa sfiducia in sé stessi spesso origina dall’essersi sentiti dire in passato parole dure che ci hanno ferito intimamente. Il primo passo per mostrarsi agli altri autenticamente, infatti, è imparare a proteggere la nostra sensibilità dall’insensibilità degli altri.
A volte gli altri possono essere brutali, bisogna imporre dei limiti agli altri per amarsi, e quindi mostrarsi.