Chi soffre di stitichezza in maniera cronica molto spesso è una persona che si è creata attorno a sé un guscio.
Di solito è una persona riservata, che tende a non parlare molto delle proprie emozioni e dei propri tormenti, tende piuttosto a lasciar parlare gli altri.
Se invece parla di sé, ha una grande abilità nel non svelarsi mai troppo e nell’evitare l’intimità emotiva.
Sembra che parli di sé, ma in realtà non sta mostrando una parte di sé profonda, non è abituato a farlo.
La persona non si concede mai completamente, sentendosi indipendente dagli altri. Ma, a volte, l’indipendenza può diventare distacco emotivo da chi abbiamo vicino. Inconsciamente, si crea una separazione. Amore è intimità, è necessario lasciarsi andare, non trattenersi.
La stipsi può essere cronica oppure comparire in un momento ben specifico della nostra vita: di solito si tratta di una situazione in cui l’individuo si è sentito minacciato dall’esterno, forse per via di un grande cambiamento che vorrebbe evitare, oppure perché si è sentito invaso.
A livello analogico la stipsi corrisponde al “trattenere”. L’intestino ha la funzione di filtrare quello che è utile al nostro organismo e di lasciare andare ciò che invece è superfluo.
Così come nella colite abbiamo visto che c’è l’allontanamento da una parte di sé che non si accetta, così nella stipsi c’è una chiusura verso il mondo esterno a scopo protettivo.
Potrebbe aver ricevuto in passato critiche e accuse da parte di qualcuno, magari crescendo con una figura genitoriale critica e autoritaria. Oppure potrebbe aver vissuto con una figura genitoriale che lo faceva sentire in colpa per le sue emozioni e per le sue necessità.
Ad ogni modo sente la necessità di proteggersi dai giudizi e dalle critiche altrui, c’è una chiusura per proteggere una parte di sé che viene percepita come vulnerabile.